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Un approccio semplificato per il transfer pricing delle attività di marketing e distribuzione routinarie

A cura dei Dott. Stefano Barletta e Lorenzo Baldanzi, dello Studio Pirola Pennuto Zei & Associati.

Che cos’è l’Amount B

Come noto, nel quadro delle riforme fiscali internazionali promosse dall’OCSE/G20 per affrontare le sfide fiscali derivanti dalla digitalizzazione dell’economia, è stato adottato un approccio a due pilastri (Two Pillar Solution), con l’obbiettivo di ridistribuire i diritti impositivi e ridurre le pratiche di erosione della base imponibile (BEPS).

L’Amount B è oggetto del primo pilastro (Pillar One), che si occupa di riassegnare il diritto di tassazione sui profitti delle multinazionali (in particolare quelle che operano in modo digitale o con presenza limitata fisica) verso i Paesi dove si trovano i clienti o il mercato, indipendentemente dalla presenza fisica dell’azienda.

Il rapporto dell’Inclusive Framework OCSE/G20 sul BEPS1, intitolato OECD (2020), Tax Challenges Arising from Digitalisation – Report on Pillar One Blueprint: Inclusive Framework on BEPS, OECD/G20 Base Erosion and Profit Shifting Project, afferma come lo scopo dell’Aumont B sia quello di semplificare e snellire l'applicazione del principio di libera concorrenza (arm’s length principle) per le transazioni che riguardano attività di marketing o funzioni di distribuzione di base, riducendo così il relativo contenzioso fiscale ed alleggerendo gli oneri amministrativi per i gruppi multinazionali, specialmente con riferimento alle giurisdizioni c.d. “a bassa capacità”2 (per le quali spesso risulta arduo svolgere una corretta analisi di benchmark, in considerazione della scarsezza di dati disponibili).

A seguito di varie consultazioni, integrazioni ed affinamenti, la disciplina è stata recentemente definita dall’OCSE con la pubblicazione del documento “OECD (2025), Consolidated Report on Amount B: Inclusive Framework on BEPS, OECD/G20 Base Erosion and Profit Shifting” 3.

L’approccio di cui all’Amount B è stato incluso nel documento di riferimento per la disciplina del transfer pricing, ovvero le OECD Transfer Pricing Guidelines for Multinational Enterprises and Tax Administrations.

I distributori routinari

Venendo al perimetro soggettivo della disciplina, condizione necessaria per l’applicazione del metodo di cui all’Amount B è che si tratti distributori che svolgono funzioni di vendita e marketing di routine, senza rischi economici ed assets significativi.

In particolare, per rientrare nell’ambito di applicazione della disciplina, il distributore:

  • non deve possedere beni immateriali unici o di valore;
  • non deve assumere rischi economici significativi;
  • deve operare come entità di rivendita routinaria, senza svolgere funzioni imprenditoriali a rischio elevato.

Sono invece escluse dall’ambito di applicazione dell’Amount B attività quali:

  • la distribuzione di beni o servizi di natura digitale;
  • le transazioni che vedono coinvolte funzioni aziendali non distributive;
  • il trading di materie prime.

Se si è in presenza di più attività svolte, qualora sia possibile in maniera affidabile separare tali attività, risulta necessario procedere con la segregazione dei valori di bilancio afferenti le attività diverse per isolare quelli relativi all’attività di distribuzione routinaria.

Per tale ragione l’Amount B risulterà non applicabile ove vengano effettuate attività diverse con identificazione di un prezzo unitario (es. vendita con finanziamento al consumo o distribuzione con erogazione di significativi servizi post-vendita), poiché non risulterà possibile effettuare la segregazione richiesta tra le diverse tipologie di ricavi.

L’applicazione dell’Amount B è possibile per i periodi di imposta che iniziano dal 1° gennaio 2025; l’adozione di tale quadro normativo da parte delle singole giurisdizioni è facoltativa, ma è incoraggiata un’ampia adesione per garantire un’applicazione uniforme4.

La remunerazione dei distributori routinari

L’Amount B, come detto, prevede un approccio semplificato finalizzato a determinare la remunerazione at arm’s length del rivenditore in modo standardizzato, così da ridurre la soggettività nei calcoli di transfer pricing e, auspicabilmente, il relativo contenzioso fiscale.

Il meccanismo risulta basato sull’applicazione di una pricing matrix standardizzata, la quale fornisce percentuali di ritorno sulle vendite (ROS) basate su dati di benchmark a livello globale, così da rendere in specifiche circostanze non necessari studi di comparabilità svolti di volta in volta.

È inoltre necessario effettuare un cross check delle spese operative, onde garantire che il ritorno sulle vendite determinato attraverso la pricing matrix rientri in un intervallo ragionevole rispetto alla struttura di costo del distributore.

La remunerazione di riferimento dell’attività di distribuzione basilare o routinaria viene rappresentata nella pricing matrix sulla base di 5 categorie (A, B, C, D ed E, in ordine decrescente di redditività) e viene influenzata da tre parametri:

  1. l’appartenenza a uno dei tre settori industriali, definiti in modo da identificare una attesa maggiore complessità dell’attività di distribuzione e dunque una maggiore redditività standard (per il primo gruppo è prevista una remunerazione inferiore rispetto al secondo a parità di risultato degli altri parametri e così per quest’ultimo sul terzo);
  2. l’indicatore di intensità basato sulle attività operative nette (OAS), che tiene conto del valore dei beni materiali e immateriali netti al quale sommare il working capital (magazzino + crediti – debiti, ricalcolato se eccedente i 90 giorni) sul valore dei ricavi;
  3. l’indicatore di intensità delle spese operative (OES), che prende in considerazione le spese operative sostenute dal distributore per svolgere l’attività di distribuzione sul totale ricavi.

Dalla matrice emerge che l’OAS è l’unico indicatore che influenza i valori di remunerazione base (Ros, Return on Sales) più rilevanti (categorie A, B e C) quando è pari o superiore al 15%; mentre al di sotto di tale soglia entra in gioco l’OES per le remunerazioni più basse.

Quanto al supporto documentale necessario ai fini dell’applicazione dell’approccio in commento, al fine di garantire trasparenza nell’applicazione dell’Amount B le imprese multinazionali saranno tenute a conservare:

  • un adeguato set probatorio a supporto dell’applicabilità dell’Amount B alle loro transazioni;
  • la documentazione a dimostrazione della corretta applicazione della pricing matrix e del controllo incrociato delle spese operative;
  • informazioni specifiche sulla struttura dei costi e sulle condizioni economiche.

Conclusioni

A differenza di altre misure emesse dall’OCSE5, la disciplina qui descritta ha ricevuto il sostegno degli Stati Uniti, che ne supportano un’ampia adozione.

Ciò posto, sebbene alcuni Paesi ne abbiano già preso le distanze (ad es. Giappone, Australia e Nuova Zelanda, ma in parte anche l’India), mentre altri lo hanno riconosciuto per le transazioni con le “covered jurisdictions” (ad es. la Francia), è ragionevole ritenere che questa metodologia di calcolo semplificata della remunerazione dei distributori routinari troverà un ampio utilizzo, in particolare con riferimento alle giurisdizioni per la quali, data la scarsità di dati, risulta particolarmente ardua l’effettuazione di un’analisi di benchmark.


1L'Inclusive Framework OCSE/G20 sul BEPS è un forum a cui partecipano circa 140 giurisdizioni che collaborano per definire e implementare gli standard fiscali internazionali, con l'obiettivo principale di contrastare le pratiche di erosione della base imponibile e di trasferimento degli utili (BEPS) da parte delle imprese multinazionali. Il suo lavoro è alla base della soluzione globale in due pilastri, che include il primo pilastro che si propone di (i) riallocare l’imposizione fiscale verso le market jurisdictions – Amount A e (ii) prevedere un profitto minimo per le attività routinarie di marketing e distribuzione – Amount B, ed il secondo pilastro che si prefigge di introdurre un'imposta minima globale.

2Nell’evoluzione della disciplina, il termine “low-capacity jurisdiction” è stato cambiato nel più neutrale “covered jurisdictions”, per evitare qualsiasi automatismo circa il fatto che le giurisdizioni coperte dall’impegno generalizzato dell’Inclusive Framework a rispettare gli esiti dell’approccio semplificato siano necessariamente giurisdizioni a bassa capacità.

3https://www.oecd.org/en/publications/consolidated-report-on-amount-b_182b47ad-en.html

4Ad oggi l’Italia non ha ancora recepito la disciplina di cui all’Amount B.

5Si fa riferimento all’Amount A del Pillar One ed al Pillar Two, la cui completa implementazione, considerata la posizione di aperto contrasto assunta dagli Stati Uniti, appare ardua.
 


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